Ed eccolo. Dopo anni di complice assenze. Abbagliato da un sole maleducato. Che esplode…
Il Tempo non è nostro amico, mai. Con i giorni ci ringhia più forte addosso. Apre l’anima a dialoghi dal lessico sconosciuto a chi è giovane. Si fanno conti nuovi e i numeri non invitano a sorridere. La sera giunge e nelle sue ombre ci si illude un poco che arrivino albe furenti, a restituirci i sogni.
Ci sta lui, il mare di ognuno di noi, anche nel buio della notte più profonda. Che ansima e attende nuovi legni, nuovi calli di pescatori dalla pelle bruciata dal sole. Se lo hai perso per un po’ di stagioni, ora è tempo di ritrovarlo: non fosse altro che per lamentarti del suo abbandono sinora. E perderti, con lui, al mattino.
Dopo anni lo ritrovo. Grazie alla generosità di chi, senza tante parole, mi ha riportato qui. Di pomeriggio ancora fa fresco ma… se posso regalarmi un nulla per me, mi siedo e sto così, a guardare. Scie inattese sfidano l’immaginazione. Una barca si presenta pure lei a quest’appuntamento. E non c’è bisogno di parlare.
Restano i numeri nemici dei giovani. Resta quell’appocundria che non sai spiegare. Quasi come queste righe che sono giunte al loro epilogo. Come quel temporale che rovina quel guardarsi muti. E poi le strisce in cielo che i bambini chiamano arcobaleno. Il Tempo esige il rispetto dei suoi ritmi.
E torno a patire i verbi dei vanesi. Debole come ogni verso d’una Poesia.
(Micene, Aprile 2023)