In principio c’erano i Greci, tra il cielo e la terra. La terra era vergine e la sua Anima aleggiava sulle acque. Era il nostro Sud.
Un dio pagano ne vide la sua luce primitiva ed era cosa buona. Quello stesso dio disegnò il firmamento su quel luogo e lo chiamò cielo. Poi ne ammirò la costa, le pinete, le vette: e vide che era cosa buona. E disse: «La terra produca ogni tesoro possibile, e vita e beni». E così avvenne.
Poi quel dio fece due luci grandi, la luce maggiore per regolare il passo degli Uomini e la luce minore per limitarne gli errori. E fu il Bello e fu la sua Comprensione. Dio le volle per illuminare la nuova terra. E quindi ancora disse: «Le acque brulichino di altre navi e altre lingue e razze».
E altri esseri viventi giunsero per quelle acque, secondo la loro origine ed era. Furono Svevi, e Saraceni, Francesi e Spagnoli. E il dio pagano disse: «La terra produca Cultura viva secondo il suo cuore». E così avvenne: E dunque disse: «Che questa terra domini d’ora in avanti.
E domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, su tutto ciò che si governa sulla terra». Così modellò del tutto la Sibaritide a propria immagine e poi la benedisse e disse: «Tu sia feconda e benedetta da chi respira sulla terra». Vide quanto aveva fatto ed era cosa molto buona.
Così furono portati a compimento il cielo e la terra di questo nostro Sud. Il dio pagano benedisse e consacrò tutto questo che egli aveva fatto. E agli Uomini disse di continuare la sua opera. E fu sera e fu mattina, un po’ crepuscolo e un po’ luce. E fu Tempo del Presente e del Futuro.
E noi questo abbiamo. Figli d’una simile creazione pagana. A metà dei e a metà uomini. Sublimi e dannati. Ed è sera ed è mattina. A volte, forse, troppo crepuscolo e meno luce. Più rabbia che Poesia. Condannati a non serbare la Memoria. Nemici della Bellezza e del suo anelito vitale.
Eppure, comunque, dei. Con il Tempo, comunque, complice. E tanto è già parte del nostro Destino: della speranza, cara, di tornare a essere Eden.
Bellissimo. Bello. Bello. Bello.
Peccato che noi Uomini non capiamo in quale Eden avremmo potuto vivere.
RACCONTARE IL NOSTRO TERRITORIO COSI’ E’ UN MODO NUOVO DI RESISTERE SE NO DAVVERO C’E’ DA PIANGERE
Nel corso dei secoli, dopo aver subito numerosi invasioni, abbiamo perso il ricordo delle nostre origini, che affondano le proprie radici nella civiltà magno greca, alla grandezza si è sostituita la miseria di un popolo che non riesce ad uscire dal baratro in cui è sprofondato.