Il Dolore ha i suoi anni

Ogni età ha la sua percezione della Vita. Le lacrime non sono sempre le stesse.

È una regola così semplice, questa. Eppure la scordiamo sempre. Specie se ci sconvolge l’ameno distacco dei più giovani quand’essi fanno i conti col dolore. Apparendoci superficiali.

In questi giorni con una cara persona abbiamo riflettuto su questo tema. Non comprende la freddezza dei più giovani al cospetto di ciò che è parte della sofferenza: “Questi ragazzi non capiscono niente”.

Capiscono, capiscono. Ma la morte non ha lo stesso peso per uno che ha vent’anni rispetto a un adulto di cinquanta. Il senso della fine produce più ansia nel Tempo. E si trasforma in croce.

Un giovane ha il diritto, che è anche una sorta di dovere, di sentire più distante la morte: meno invasiva e definitiva. Ha la sana forza di non accettarne mai appieno le crudeli sentenze. Può e deve rifiutarla.

Per un adulto è diverso. E neanche il più ingenuo dei giovanilisti può cambiare le carte in tavola, sotto quest’aspetto. Se non hai più vent’anni, allora significa che due cicatrici la tua Anima se le porta.

Crescere è questo. Fare i conti con i segni del Tempo. Le rughe della pelle, le ferite dentro. E allora a ognuno le sue lacrime e ben venga la sana arroganza della gioventù. La Vita sempre e comunque.

Tanto, per fare i conti col Destino abbiamo tutto il tempo del mondo.

Roberto Vecchioni, Ho conosciuto il Dolore

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