C’era una volta Corigliano

I Vasci stanno tutti transennati. Tubi innocenti e legname consumato dal vento del Coriglianeto. Qui non ci viene nessuno. E se ci viene qualcuno, è per fare danni.

C’era una volta Corigliano. La Corigliano delle botteghe per via Roma, dei crocicchi in cui si respiravano i sogni della gente. Qui, dove ora è un mare di macerie, sono cresciuti tanti di quei coriglianesi che ora dormono tra Cozzo Giardino e Santa Lucia.

Qui sono nati. Hanno studiato e rincorso palloni. Forse ci hanno fatto per la prima volta l’amore. Nella nenia delle campane secolari. Poi c’è venuta la smania del cemento. E addio. Uno per volta… poi dieci e cento e mille: alla processione per l’amato Vecchio s’è sostituita quella per la marina. Ora lo sappiamo: è stato un funerale.

Le lapidi di quella fuga stanno tutte qui. Nei calcinacci dei Vasci come nel silenzio del Ponte Canale. Qualche moto sfreccia veloce nell’urlo delle marmitte truccate per fare più figura. Alcune bimbette delle Medie litigano con i compagni che sembrano dei maschi. Gruppi di giovani di colore arrivano veloci all’Acquanova per poi sparire chi sa dove.

Qualcuno, però, qui ci resta e sogna ancora. Battista, il re della Jumera, ha fatto bella la Portella e ci ha messo su famiglia, allevando rabbia e canarini. Michele, l’amico di una vita, legge di tutto e si incacchia contro i mille massoni che da sempre fanno affari con i suoi diritti dimenticati. Sergio c’è venuto da fuori, qui, e ha investito un po’ di denaro e tanta pazienza per inventarsi un altro turismo.

Non sono gli unici che mangiano sale, sotto il cielo di Corigliano, ma che lo stesso non li sposta nessuno. E anche se ripetono che sono stanchi, che ci stanno pensando a fare la valigia pure loro, eccoli ancora quassù. La pelle disegnata dalle stagioni, la parlata antica. Ancora in piedi: sempre con l’orgoglio di chi non abbassa mai la testa.

Alfonso gira per questi vicoli e mi porta appresso. I giovani lo chiamano tutti professore. A lui piace dispensare commenti e giudizi. Li sfotte quando gli raccontano che sperano nei 5 Stelle. In Piazza del Popolo il tempo passa più in fretta, se le parole sono carezze. Domani, domani… la parolina magica mette tutti d’accordo. Ancora. E così si sopporta meglio anche il tifo bianco nero di Antonio.

Ogni giorno, ogni vita così. Ogni promessa e ogni delusione. Ed è pure questa una specie di processione, come tutte le altre del passato. Dai che cambia – ma ci si crede poco. Arriva la sera e via Roma trascina l’ospite lontano. Una strana sensazione dentro. Il rumore di un nuovo motorino truccato, gli sfottò tra loro dei ragazzini delle Medie. E le case che sanno già di odore di pane e olio fritto.

“Favorite, direttò!”: s’è fatto tardi ma il maestro Catalano ci apre pure lui la sua casa. E Corigliano rivive. Nonostante noi.

Corigliano Calabro, 4 febbraio 2019

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