Figlia d’Aprile

Eppure ci sta il sole
sulle nostre spalle

su cui pesano troppe
croci, e nodi di legni
sicari, e ruggini di
chiodi senza cuore.
Giunge il soffio dolce
di Zefiro e abbozza
come un canto di
verbi balbuzienti che
sanno barare nelle
anime degli illusi:
è una tempesta che
non ha violenza il
mio Jonio, di questi
tempi. Vorrei dirti
dei suoi segreti, della
sua vera voce. Un
verso basterebbe, io
penso, un accento
solo: se tu avessi la
voglia di avvicinarti,
Figlia d’Aprile. Per un
istante soltanto, per
due chiacchiere e
basta. Prendendoti
gioco dell’Orco che
conoscemmo col
nome e l’andare del
Destino.

(12 aprile 2016)

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