Qui Londra.3 – John & Paul

Camminare. E guardare quello che si riesce a cogliere. È un tour veloce, questo londinese d’inizio 2012. Niente di troppo “culturale”: nessuna mostra d’arte da andare ad ammirare, non un solo museo da visitare.

Pure io corro. Ho fame di posti, di sensazioni, di ricordi. Il mio sarà un 2012 complicato, perché aumentarne il peso con una vacanza “impegnata”? No, meglio andare a zonzo così, senza un’apparente logica. Rubando ai luoghi che incontro per strada un qualcosa da portarmi via nella valigia del mio animo. Si può fare e lo faccio, e mi piace che sia così. E così sarà allora.

È l’ultimo giorno a Londra. A zonzo dapprima per vetrine. Poi la metro e di nuovo a Covent Garden, ne vale la pena. Qui è un continuo bagno di folla, per lo più inglesi. Gli italiani cominciamo a essere sempre più rari e non è certo la fine del mondo, anzi. Vicino l’ex mercato dei fiori ci sta il mitico Royal Opera. Tutt’attorno sono già all’opera degli artisti di strada e il pubblico gradisce. Poco più in là ci sta la chiesa di Saint Paul, il tempio degli attori. Dentro, tra gli altri, è ricordato pure Boris Karloff, il primo a portare sul grande schermo Frankestein. Alle 13,10 inizia la messa anglicana e si rimane qui con i pochi fedeli presenti. Il prete parla e la sua voce viene irradiata da un microfono portatile. All’improvviso entra un gatto tigrato enorme che si strofina tra i banchi e nessuno lo caccia: in tre giorni che sto qua, è il primo gatto che vedo. A Londra non se ne vedono in giro di animali randagi.

Il prete va veloce, pure lui. Quando c’è da scambiarsi il segno della pace, raggiunge a uno a uno i presenti e gli dà la mano. All’uscita fa lo stesso, salutando fedeli con un sorridente “Bye”. Stamattina a Londra pochi hanno voglia di sorridere. Tv e giornali parlano di un caso di razzismo arrivato a una sentenza parziale di tribunale dopo 18 anni di polemiche e indagini lente. Un ragazzo nero fu ucciso alla fermata dei bus e ancora la sua famiglia chiede giustizia. Quando si ha a che fare con la violenza, tutto il mondo è paese, purtroppo. Meglio non pensarci: via in un pub della “Taylor Walker” per l’ultimo lunch londinese: e stavolta ci piazziamo anche una rossa Guinness.

Il pomeriggio ci riporta verso Piccadilly Circus. Stavolta si confida in una passeggiata senza la pioggia di qualche ora fa. Ci sono delle nuvole che comunque minacciano il peggio ma non succede nulla di clamoroso. Capatina fugace da “Cool Britannia” per qualche souvenir di fine viaggio e poi l’illuminazione del gran finale: serata conclusiva al teatro. La scelta cade sulla storia dei primi Beatles raccontata in un musical di successo qui a Londra, “Backbeat”. L’appuntamento è alle 19 nel “Duke Of York’s Theatre” e che mi frega se non capisco un’acca di inglese, la musica e la magia del teatro faranno la loro parte nel farmi lo stesso sognare e divertire. Mancano due ore però… caffè bollente e ancora in giro per vetrine, qui funziona così il tempo libero dei turisti.

Una pizza che pare impastata con la plastica della faccia di Barbie e siamo in teatro. Lo spettacolo è entusiasmante: la prima epopea artistica e umana dei Beatles viene raccontata con un sapiente mix di recitazione, musica dal vivo ed espedienti tecnici che rapiscono la platea. Io non capisco una sola parola ma quando parte la chitarra di Lennon… beh, ci casco dentro come qualsiasi malato del vecchio Rock che fu.

La vacanza è finita. The Tube ci riporta in hotel e si prenota il taxi per l’alba in arrivo. Alle 7,35 si vola verso Lamezia. Ciao o addio Londra, chi può mai dirlo stanotte? Ne è valsa la pena. E mi tuffo sotto la doccia per non farmi fregare da quella bastarda della malinconia che ti prende ogni volta che devi rifare la valigia.

(4 gennaio 2012 – facebook)

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