Alle 6 Corigliano è un’altra cosa. Ci sta poca gente in giro, nei bar si chiacchiera senza dover urlare per farsi intendere da chi ti sta vicino. E pure il meteo è più umano che non in altri orari.
Da Zio Pablo è sempre un piacere fare colazione. E parlare. Ma non oggi. E si scappa via, verso Civitavecchia.
Non c’è traffico sulla Salerno-Reggio. Ma i cantieri sì, quanti ne vuoi: specie tra Morano e Lagonegro. Pazienza, sono anni che va avanti ‘sta baracca, ti ci vuoi incapricciare proprio oggi? Per fortuna in giro ci sono pochi camion e si va spediti. Poi, dopo Battipaglia, l’Italia del volante si sveglia e l’asfalto è un caos.
Si arriva a Civitavecchia due ore prima dell’imbarco e cerchiamo sul lungomare un posto in cui pranzare. Ce ne sono dappertutto con una doppia caratteristica comune: menu turistici a prezzo fisso e password wifi per i clienti che, tra una portata e l’altra, vogliono navigare gratis su internet col cellulare o il pc portatile.
Alle 15 ci imbarchiamo per Olbia. Il molo della Tirrenia è il numero 21. La nave è un gigante di acciaio alta sei piani. Il mare è una tavola e si procede senza un solo sussulto. Al sesto piano ci stanno i resti di quelle che furono le poltrone della prima classe. Nessuno controlla la situazione e… ne approfittiamo.
A Olbia si arriva poco prima delle 21 ed è già buio. La nostra meta finale è Santa Teresa di Gallura, in direzione nord. Imbocchiamo la Statale 125. Uno pensa: sto in Sardegna e mi faccio una scorpacciata di mare che lo sa solo Dio. Ennò, magari. Le strade costiere seguono la morfologia nervosa della regione. Alla fine devi fare i conti con delle continue montagne russe lontani dai paesi. E scurissime.
È questo il primo biglietto da visita che ci serve la Sardegna, oggi: il buio pesto. Per un’ora pare di viaggiare per le foreste di Nottingham e manca solo che arrivino Robin Hood e il suo acerrimo nemico, lo Sceriffo, ed ecco che lo scenario sarebbe bello e completo. Accadrà? Trattieni il respiro e… Ci siamo: Santa Teresa.
Il paese è grazioso. Nulla di particolare ma, tutto sommato, bene organizzato almeno nel centro. I locali sono pieni di gente e non hanno prezzi assurdi. In più, su alcuni prodotti ti servono solo marchi locali e se non ti piacciono, prego pedalare. È il caso della birra: qui circola solo la “bionda di Sardegna”, un buon intruglio chiamato “Ichnusa”. Un altro particolare pare una consuetudine, qui: in tanti si dimenticano di farti lo scontrino. Evabbè.
E il resto? Aspettiamo il sole per avere le idee chiare. Intanto, crolliamo per lo stress del viaggio. Occhio a chiudere bene la porta della camera, però: sia mai che Robi Hood si materializzi davvero…
(22 agosto 2012 – facebook)