Per lo Scalo di Corigliano

Ad agosto compie cinquant’anni. “Più trenta che non ce li metto dentro”. Peppeniell si presenta così. Da solo. Vede la chitarra di Benedetta e tanto gli basta. “Pure io canto. E imito Totò: non ci credete?”.

Metti una mattinata per lo Scalo coriglianese. Io con la tosse da febbraio e Tolosa. I ragazzi di terza che non hanno voglia di fare nulla. Restare in aula per ripetere qualcosa oppure fare una pazzia? La seconda opzione.

Marzia festeggia i suoi 14 anni. La sua compagna timida invece sogna da una vita una passeggiata su via Nazionale. Questa è la “Tieri”, signori, mica il collegio americano de “L’attimo fuggente”. Ma ci importa poco.

Camminiamo. E la gente ci chiede chi siamo. In una metà mattinata di marzo il sole si ricorda che esiste il nostro Sud. Per strada non c’è confusione: o, meglio, non ce n’è sui marciapiedi. Da noi, ormai, tutti in auto. O niente. Peppeniell si ferma lui. I ragazzi lo circondano da soli e lui si esibisce in una canzone di Carosone. Anna è affacciata al primo piano della suo atelier di artista dei capelli e applaude, sorridendo. Pure così è Primavera.

L’ottantenne che spegnerà solo cinquanta candeline la prossima estate ci racconta del passato di Corigliano. E del suo amore anch’esso durato mezzo secolo. E della nonna del suo amore che faceva loro da mastino. Ciao, Peppeniell. Si torna a scuola. No, ancora no: il signor Franco esce dal supermercato e ce lo troviamo in gruppo. Ha studiato fino alla Terza Media ma parla bene, si vede che è stato un venditore. “E di libri ne ho letti, eh”.Ha le idee chiare sul passato e sul presente, Franco. “Qui da noi siamo tutti un po’ morti, ragazzi. Nessuno che parla, esce…”. Non canta, Franco, ma sa raccontare le sue molliche di vita. Quelle personali e non solo esse.

“Mia moglie è la più brava infermiera dell’ospedale… pure lì ci stanno rubando tutto. Mio figlio ha un’agenzia di viaggi, andateci a nome mio”. Ci dice anche che cucinerà pasta e fave: “Come mia nonna”, echeggia Martina. E tutti ridono. Ciao pure a Franco. La lezione sotto il primo sole di Primavera finisce qui. Ce ne saranno altre? E chi lo sa. Se nessuno si “scandalizzerà” a casa dei ragazzi, forse sì. E sarà un insegnamento di quelli “importanti”.

I miei 14enni tornano nella loro prigione dorata d’ogni giorno. “Essere giovani non è una questione di carta d’identità”, gli ripeto. Ci scappa qualche sbadiglio, ci sta anche questo. Forse domani, quando ci ripenseranno…

Domani però. Quando sarà giusto che sia.

(1 aprile 2015 – facebook)

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