E comunque il Tempo passa. Nelle nostre case pulite per il dì di festa, nei bar dove si fa la fila per le pastarelle, in questo nostro zoo di Facebook dove si deve sorridere sempre, mostrare tette e glutei ben sodi e in forma, dove la rivoluzione e la libertà vanno di moda come le Hogan.
Un giorno, una settimana e una Vita, che vuoi che sia?
Panta Rei, no? Tutto scorre. Anche il sangue di chi va via o non parla più, pure se rimane. Anche il viso di chi indossa la solita maschera e copre tutto il resto: cicatrici, lacrime e rughe. «Dai, Emì, che è festa: dai, cacchio, e nun ce rompe li c…..!». Tutto ha un suo posto e un suo tempo, è vero. Anche la Morte e la relativa tarantella dei «Mi Piace» pigri e delle frasi di circostanza.
Poi, si volta pagina. «Ho i problemi miei io, compà». La facciata è stata rispettata, la forma è salva. Ora ci si può impegnare in altre processioni, altri riti collettivi ci attendono. Basta una scrollata di spalle, un tocco veloce al monitor del nostro cellulare… e si volta pagina. Il Dolore è un compagno di viaggio un tantino fastidioso. Va bene per 24 ore, ma poi basta.
Una parolina nell’orecchio va meglio. «Ma lo sai perché quello…?». E ognuno ha la sua Verità in bocca, dopo averla trattenuta altrove per i primi istanti. Qualcuna viene proposta pure a me. Abbozzo un «Ma che dici, ma che ti frega, ma che c’entra», però il mio accento è debole. E poi sono quello che va sempre contro corrente e quindi… «lascialo stare a quello, con lui vuoi ragionare?».
Per questo mi metto alla finestra e osservo, ascolto. Sulla cenere di un’Esistenza ognuno inscena la sua tarantella. Toh, guarda un po’: guarda come si scatena proprio quell’amica di lei… e quel collega così affranto no? Solo ieri hanno sfoderato occhi più rossi d’un tramonto, hanno recitato De Profundis qui in Facebook… e ora? «Sapessi lei… sapessi lui… sapessi loro».
Già, sapessi. Vorrei obiettare che invece «So!». Ma non del tam tam su conti-voci-rivelazioni. So delle mille ansie che ci fanno da ombra. Della paura che diventa coraggio quando si guarda in faccia quel mostro chiamato Disperazione. So del Silenzio. So del colore che nasconde bianco e nero. Vorrei dire «Basta, dai, basta». Ma il Silenzio, appunto… Chiudo la finestra e fanculo tutti.
Tutto qui. Senza voler dire molto. Senza voler puntare il dito. Perché non so manco io il motivo di questa nota. Forse è questa domenica così bella… questo sole che invita a perdersi nelle onde dello Jonio. Forse è la stanchezza. O solo le mie lasagne surgelate con cui chiacchierare mentre si digerisce la Tv di fine settimana. È importante? No. Allora fine, va bene così.
Del resto, il Tempo passa. Su queste mie parole senza peso, sugli occhi di chi volerà altrove, sulle scommesse della Serie A, sulla pelle delle ragazze che vendono il proprio corpo sulla 106 a esimi padri di famiglia. Un giorno, una settimana e una Vita.
Che vuoi che sia!
(23 febbraio 2014 – facebook)