La cantina degli orrori

La cantina degli orrori: ma non è un film!

Nel cuore di Trebisacce ignoti massacrano un gatto senza alcuna ragione apparente: così va in scena la peggiore delle follie nel silenzio di una città…

La follia. Ma nessuno adesso scomodi l’aggettivo «bestiale». Non è un animale che agisce, in via Galilei, in una cantina nel centro abitato di Trebisacce. Magari lo fosse.
Un essere umano. Dice di esserlo, almeno, pensando a se stesso. Acciuffa un gattino. Un cucciolo colpevole soltanto – forse – di bazzicare di lì, a caccia di qualche boccone. Perché qualcuno meno vigliacco c’è, da quelle parti sempre, che offre un piattino di plastica a questa bestiola. Nulla di che, qualche resto. Condito con l’affetto di chi ama gli animali.
Invece no. C’è chi gli animali proprio non li sopporta. Ha tutto una sua enciclopedia di fesserie con cui giustificare tanto odio: «Portano malattie, sporcano, puzzano». Sono parole, fanno poco male. Finché non armano le mani di qualche randello assassino. E ordinano alla testa bacata di agire, di chiudere in fretta la partita. Lasciando, però, un segno.
Quel cucciolo di gattino c’è chi non si accontenta di ammazzarlo e basta, chi sa poi perché. No, lo violano nel corpo, lo fanno a pezzi, ne lasciano brandelli tutt’attorno in quella maledetta cantina. D’accordo, era solo un gatto: ma la brutalità resta, la vigliaccheria inorridisce.
Chi ama gli animali non ci sta. Fotografa la povera bestiola morta e pubblica un manifestino di quelli «fatti in casa». Protesta, denuncia. Mostra «la cantina degli orrori – e la sua – vergogna». Chiede che qualcuno parli, che qualcuno paghi. Il silenzio accoglie questa preghiera. Nella Sibaritide ci sono messaggi che, loro no, non lasciano mai alcun… segno. Anzi.
Tutto finisce così. Era soltanto un gatto, è vero. Ma non faceva danno a nessuno. Andava in quella cantina solo per ricevere un po’ di cibo. Al limite qualche carezza. Si fidava degli uomini: si sbagliava…

(2 dicembre 2009 – il piccolo del mezzogiorno n. 256)

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