Buongiorno. Trolley da fare, corsa verso la vita di sempre. Ma, subito, una brutta sorpresa: il Wi-Fi dell’hotel non va più e sono senza internet. Mannaggia.
Litigo un po’ con le vecchie credenziali d’accesso, ormai scadute, e poi mi dedico alla lunga preparazione del viaggio di ritorno.
Ancora una volta, a farmi compagnia, le ranocchie di Rai 1. Brutte notizie dall’Italia: il maltempo tiene in ostaggio le strade e le contrade della mia Terronia e, intanto, parte pure la kermesse di San Remo. E se chiedessi asilo politico qui in Francia? Ma no, torniamo a casa. Alle nostre belle barricate. Iamm’ ià.
Questa mattina non vedrò né Rocco né Delfine, la sua poliedrica e dolce compagna. Il lavoro li ha già rapiti, ci siamo salutati ieri. “Ci tenevo che tu, da Corigliano, fossi qui”, mi ha sussurrato all’orecchio Rocco. Pure le mie “lussemburghesi” hanno già preso il proprio aereo. Mancano due ore per rivedere i Montaldo.
Ne approfitto per un’ultima passeggiata. Oggi si lavora in città e ci sta più gente in giro rispetto al week end. Quasi tutti fumano sigarette elettriche qui, solo ogni tanto scorgi una nuvoletta di tabacco vero. Tutto è soffuso, silenzioso perfino. Qui le regole le rispettano quasi tutti, almeno nel centro. Altrove non lo so.
Ed eccoci ad aspettare l’auto per l’aeroporto, che però ritarda. E allora si opta per un più tradizionale taxi. Venti minuti e siamo alla nostra meta. Giuliano e Vera Montaldo sono due signori: sentirli raccontare, no anzi recitare, i mille capitoli del loro passato è uno spettacolo. Lo fanno col sorriso, con la modestia dei grandi.
Si parte. L’aereo è invaso da uno sciame simpaticissimo di bambine di un collegio cattolico che va in pellegrinaggio dal papa. Il viaggio è piacevole come la compagnia. Un po’ meno il libro di Eco che mi sono scelto come viaggiatore aggiunto per questa trasferta francese: potevo splenderli meglio i miei soldi.
Roma ci accoglie con un sole tiepido, invitante. Vera e Giuliano Montaldo hanno deciso che devo essere loro ospite per un po’. Cerco di obiettare qualcosa ma questi due “ragazzini” sono irremovibili. Ed eccomi nel cuore del quartiere Prati, il cupolone a un mezzo respiro, e mi sento a casa. Il caffé-Montaldo: ottimo.
Vera mi fa vedere delle foto di famiglia. Giuliano invece mi mostra foto di scena introvabili in altri angoli del mondo. E libri. Premi. Locandine. Osservo tutto con la bramosia di un bimbo a cui è stata aperta la casa di Walt Disney. Due ore volano via che sembrano cinque minuti. “Non perdiamoci di vista”.
Mi trascino il mio trolley in direzione San Pietro. Ho un nodo alla gola, un’emozione che mi rende malinconico. La gentilezza dei Montaldo proprio non era nel conto. E poi, Roma… essere qui di nuovo… e di nuovo solo. Mancano cinque ore al mio bus: decido di sfinirmi in un tour senza una logica. Fa freddo.
Quando prendo la metro alla Termini, in giro ci sta poca gente. Alla Tiburtina pure di meno. Quest’ulteriore solitudine mi fa sentire ancora più lontana Tolosa e la bella gente che vi ho conosciuto. Sylviane Davanzo, per esempio… Ho il posto numero 8 prenotato ma una signora l’occupa facendo finta di nulla.
Che faccio, litigo? Ma figurati un po’ se stanotte mi faccio fregare dallo sport nazionale della rissa made in “lei non sa chi sono io”: il primo posto libero mi siedo e buonanotte al secchio. La notte passa veloce, ogni tanto riesco pure a prendere sonno, pensa te. Ciao Terronia, arieccomi.
Un cornetto preso per strada, il caffè “fatto con la cialda”. Si riprende. Tra qualche ora si va a scuola. Poi i soliti appuntamenti con il quotidiano: spesa-tv-internet-conti-chiacchiere-noia. Un’esistenza come tante, “normale”. Ma mica è così uno schifo. Come dice l’ultimo libro di Eco? “La vita è sopportabile, basta accontentarsi”.
Sicuro?
(13 febbraio 2015 – facebook)