Perché sono morto

Annunciamo la tua morte, signorA… Se avete due minuti, vi racconto qualche storiella amena: e forse le ultime “pazzie miliucce” saranno un po’ meno incomprensibili. Andiamo.

Nella Napoli di Bellavista ci sta pure la foto di un avviso funebre: “All’età di 101 anni si è spento serenamente Luigi Esposito”. Qualcuno arriva con un pennarello e ci aggiunge il suo commento: “E vulevo vedè ca faceva pure storie!”. È Napoli. Anzi, meglio, è Spaccanapoli. Siamo in prossimità della chiesa di San Domenico Maggiore e in quest’antica Capitale meridionale l’Ironiaè Cultura, la morte un momento da esorcizzare.

Ma noi siamo Calabresi, giusto? Brutta gente. “Quelli che hanno ucciso Cristo“, come ci punta il dito addosso mezzo Sud Italia. Tutta colpa di un dato più da Leggenda che da testo di Storia: cioè del racconto dei Brettii che… ma questa è un’altra vicenda. L’avviso funebre targato Bellavista, ovvero frutto dello scatto fotografico del filosofo-scrittore Luciano De Crescenzo, è di un paio di decenni fa. Se non più. Facciamo un bel salto in avanti nel tempo. Seconda mattina del neonato 2013: sempre Spaccanapoli, quasi lo stesso posto.

Su una parete mezza sgarrupata, resiste alla prima pioggia dell’anno un altro manifesto. Si ricorda il Trigesimo della scomparsa di due ragazze: cugine, sorelle? Non ve lo so dire. L’ironia del destino vuole che entrambe ricordino il nominativo di una collega coriglianese. “Collega” (duplice) per il solo fatto che lavora nel mio stesso Istituto scolastico e perché ha in tasca il tesserino di pubblicista. Punto.

L’iphone fa il suo dovere e, clic, ecco immortalato il nuovo avviso. Troppo simpatico, dai, va condiviso su Fb per farci due risate. Del resto, come si dice, parlando della scomparsa di qualcuno gli si allunga finanche la vita. E poi è una che è vissuta per tanto tempo a Roma, mica una tamarra come noialtri terruncelli. Una di ampie veduteOk, pubblicata sul mio profilo allora: ci sta perfino qualche amico che commenta con qualche battuta. Un paio d’ore e la levo. Non tutto quello che metto su Fb è eterno.

Del resto, quella foto riguarda due povere ragazze e il dolore del loro destino. Per rispetto loro archivio nel primo pomeriggio la goliardata. Faccenda chiusa e dimenticata. No, affatto. Alle 18,30 la linea non eccelsa del mio cellulare non mi permette di rispondere alla chiamata dell’interessata. Che è, però, pure lei a Napoli: lo scopro giusto un’ora dopo su via Toledo. Offese e minacce. E tentata aggressione da parte di un tale che l’accompagna. Ma pure questo è un altro film che ha l’aggettivo squallido come sua colonna sonora. Che pena.

Chi respira i vicoli napoletani ha sempre l’impressione che il mondo gli stia per crollare addosso. Invece, in nessun altro luogo come qui il caos ha il suo… ordine, la sua eterna logica. Non è un caso che ciò succeda proprio qui: questa è Terra d’Arte. Guai però a pensare che da queste parti tutto resti in piedi su un canovaccio: perché i Napoletani sono Artisti, non artigiani. Qui nulla è casuale, men che mai il caos. Qui tutto ha un senso, ogni cosa è studiata. E chi è Calabrese nella carne si fa riconoscere subito. Purtroppo per chi cerca di vivere unaCalabria meno retrograda.

Anno 1982, sì, non proprio ieri. Rai3 trasmette la serie Che fai… ridi?  È una rassegna sui nuovi comici italiani. Ce ne sta uno che non è soltanto Pulcinella: la sua è la maschera viva del grande Teatro di genere napoletano. È Massimo Troisi che, con la collaborazione di Anna Pavignano e Lello Arena, realizza il cortometraggio Morto Troisi, viva Troisi. L’attore partenopeo ha una deficienza cardiaca dalla giovane età eppure non ci pensa due volte a inscenare il proprio funerale.

L’Ironia è un grande paradigma della Vita, a volte. Ricordate il terrore per l’ilarità del monaco-killer de Il nome della Rosa” di Umberto Eco? Per lui, il riso contorceva il viso umano e lo appiattiva a quello della scimmia, avvicinandolo al Demonio. Sì, avete ragione, sto esagerando adesso: De CrescenzoTroisiEco… a chi racconto di costoro? Ridere, come leggere, e come studiare e come riflettere, non è da tutti. Io, per esempio, ammetto i miei limiti a riguardo… ma, vivaddio, almeno lo so fin dove arrivo. Poi, però, mi fermo nell’eco di questo pensierino della sera: L’ironia non ci è estranea, e non saremo certo noi a prenderci troppo sul serio.

L’ha detto un certo Albert Camus, mi pare. Ma non chiedetemi chi fosse, che proprio non lo so… però, con un po’ di tempo e di voglia, ve lo posso sempre cercare sul mio iphone. Portate pazienza, companeros.

(4 gennaio 2013 – facebook)

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